"Ho gettato via la mia tazza quando ho visto che un bambino beveva al ruscello dalle proprie mani" Socrate
La semplicità , anche in educazione, è purtroppo una caratteristica che spesso viene dimenticata.
Riflessioni,consigli,vita vissuta dei nostri bambini per aiutarli nel cammino di crescita.
Comunità con regole, con rapporti nuovi da costruire, con la condivisione degli spazi e dei giochi, condivisione del pasto e del dormire.
Per i genitori è condivisione del percorso educativo di crescita del proprio figlio con le educatrici, le insegnanti, il coordinatore pedagogico o didattico.
Quante emozioni e opinioni e riflessioni vengono messe al centro.
Quando è chiaro l'obiettivo e tutti viaggiano per lo stesso percorso, anche se con fatiche, cambiamenti di opinione, i bambini hanno davvero infiniti benefici.
Ma non sempre è così semplice, perché ognuno ha le proprie abitudini, le proprie regole di vita quotidiana, i propri principi.
Dunque il dialogo, l'ascolto, il confronto, nel rispetto dei propri ruoli, è basilare, per camminare insieme nello stesso progetto educativo.
Vigostskij, psicologo e pedagogista sovietico dei primi del '900, enfatizzava l'importanza dell'ambiente nello sviluppo emotivo dei bambini.
Sempre di più la pedagogia ha sottolineato che le interazioni e le relazioni che il bambino instaura fin dai primi mesi di vita, scoprire le regole del vivere insieme, risolvere i conflitti, la collaborazione vissuta nel gioco, sono fondamentali per uno sano sviluppo emotivo e cognitivo.
In un rifugio in montagna, a lato del nostro tavolo, una famiglia pranza al tavolo con 2 bimbe di 1/2 anni e l'altra di 3/4 anni.
Il Babbo : " Camilla CONNETTITI , incomincia a mangiare!"
Dopo poco ancora " Attenta Lucia, la posata è AGUZZA, può farti male".
Nella fase neonatale o prescolare, i bambini, hanno necessità di ascoltare, sentir parlare gli adulti, in modo semplice, non utilizzando vocaboli scorretti e inventati o troppo complicati o metafore, ma semplici, tanto da associarli ad un oggetto, un azione. E soprattutto meglio usare il nostro normale timbro di voce pronunciando le parole in modo corretto. Ricordiamoci sempre che i bambini cercano di imitarci e il linguaggio non verbale è fondamentale: sguardi, toni di voce , mimica facciale.
Per stimolare il linguaggio è importante guardarsi in faccia, giocare comunicando, leggere storie, ripetendo i vocaboli, usando filastrocche, senza usare il "bambinese" , piuttosto sillabando e
facendo in modo che il bambino acquisisca , faccia suo il termine e di lì possa andare avanti, imparane altri.
Inoltre fare in modo che il bambino chieda e non solo indichi cosa vuole, racconti con i suoi tempi , senza anticiparlo per fare più in fretta.
....quanti pensieri, quante domande o racconti ci sono negli occhi di un bambino. Paure o gioie, dubbi o ascolto infinito.
Quando sono davanti agli occhi di un bambino, cerco di capirne il suo linguaggio, che è molto più chiaro delle parole soprattutto fino ai 3-4 anni.
Ci sono studi, teorie, che spiegano cosa guardare e come valutare gli sguardi dei bambini, quali emozioni carpire, ma alcune cose sono lampanti per chiunque guarda con attenzione e delicatezza.
" Luca raccontami cos'è successo, perché Paolo piange, è successo qualcosa che mi vuoi dire ?"
Silenzio e volto girato. " Dai...per favore, guardami in faccia. Mi dici perché Paolo piange è successo qualcosa?"
" Non mi faceva giocare con lui.... mi ha dato un pugno.."
" E' andata proprio così?"
Gli sto chiedendo di fidarsi e di affidarsi. Se ti da la mano si è già ad un buon punto della comunicazione e della relazione.
Entrare in ascolto, non distrattamente, non mentre facciamo altre cose. Guardare è un atto di delicatezza e di cura, in cui si sospende il giudizio e la morale, ma si la possibilità di mostrare la fragilità e le paure, sapendo che si può guardare oltre, e i nostri occhi lo possono testimoniare.
Vedere bambine e bambini che si abbracciano, si salutano, baci alle maestre, genitori che applaudono, salutano....dopo due anni di restrizioni e paure, fa solo piacere e porta molta gioia.
A questo punto capisci quanto è importante la relazione, quanto importante guardarsi in faccia, abbracciarsi, gioire insieme.
Certo, questo tempo ci ha insegnato che la relazione può passare anche attraverso lo schermo di un computer, sperando che vi sia la connessione continua, che tutti sentano tutto, che non vengano interrotti dialoghi e considerazioni. Sicuramente velocizzano e ottimizzano i tempi, la presenza dei genitori rispetto alla scuola è aumentata.
Ma....
Quando ora ci incontriamo con le maestre e le educatrici, concordiamo che la relazione in presenza è un'altra cosa, come l'attenzione, la voglia di confrontarsi, di partecipare....di esserci.
Anche i genitori, ora, gioiscono delle feste e degli incontri fatti insieme in giardino, perché, dopo la novità iniziale, li vedevi che molti si collegavano mentre guidavano l' auto, al supermercato o al parco con i figli mentre mangiano il gelato, e capivi che erano occasioni sprecate per il bene di tutti , in particolare per i bambini.
Il contatto umano, la voce , l'espressione del volto, la gestualità di ogni persona aiutano nella comunicazione, nella relazione, nell'attenzione all'altro.
Vedere un bimbo in sezione arrabbiato per la contesa di un gioco o innervosito perché non si fa "quello che voglio" e chiedergli, a braccia aperte o allungando la mano " vieni con me che facciamo un giro in giardino, che controlliamo le fontanelle che quei signori stanno sistemando" vederlo correre curioso... e dopo aver ascoltato le sue domande, i suoi racconti, vederlo sorridere quando chiedi se vuole tornare in sezione dai suoi amici, comprendi l'importanza del contatto umano, dell'essere lì in quel momento.
Essere presente con tutta la tua persona, cercando di non perdere nulla di chi ti è accanto.
Perché è attraverso i legami con i compagni, la relazione con l'educatore , che nascono le motivazioni per apprendere, per stare bene e sentirsi sicuri, per avere fiducia in se stessi e costruire la propria personalità.
"Mi sono fatta male", urla, avvicinandosi, Angela con lacrime e singhiozzi. Io sto giocando con un gruppo di bimbi della scuola dell'infanzia.
" Ma dove, fammi vedere" le dico. Allunga la sua manina, obiettivamente non vedo nulla.
" Ma esattamente dove?" e mi indica un punto ben preciso.
"Se vuoi ti do un bacino su dove hai male" e lei, mentre scendono sulle guance grandi lacrime, scuote la testa affermativamente.
Le bacio la manina e ...improvvisamente "esplode un sorriso". " Grazie" e corre via.
La gioia da entrambe le parti, perché mi sono sentito , non tanto un guaritore, ma un educatore che non ha deriso, ma ha ritenuto importante quella consolazione, esserle vicino.
Per Angela era un modo per superare una tristezza, per un gioco che non andava bene, o perché un amica non stava con lei. Ma mi ha messo alla prova e ha visto che non era sola.
Sarebbe bello fosse sempre così
La forza di superare insieme il dolore, la paura , la sofferenza è fondamentale per tutti.
A maggior ragione per i bambini.
Vedere bimbi scappati dalla guerra, che riprovano a vivere, nonostante la lontananza da casa, dal babbo e dagli amici, dalle proprie cose, che riscoprono il sorriso e che trovano nella mano della maestra quella forza per farcela con fiducia nel futuro, è lo scopo del nostro essere educatori.
Il pilota guardò giù e vide i bambini che giocavano... e disse" il nemico non lo vedo...il nemico non c'è" ( da La strabomba di Mario Lodi)
In questi momenti di incontri di famiglie e bambini fuggiti da zone di guerra, il racconto di Mario Lodi è una luce splendente che illumina.
Ma anche l'atteggiamento e la premura dei bambini lo è in egual modo.
Sicuramente con i bambini sotto i 7-8 anni, dobbiamo stare attenti a come parlare di guerra, di violenza, soprattutto a non usare immagini, o guardare il telegiornale.
I bambini non hanno ancora una netta distinzione tra il tempo, il luogo, la finzione e realtà. La paura e l'ansia possono davvero scombinare totalmente la loro serenità e vivacità.
Ma nello stesso tempo sbagliato non parlarne, o usando bugie per non entrare in argomento.
Far parlare loro, utilizzare le "loro verità" per dare una risposta, tranquillizzando che noi siamo lì con loro, che ci sono persone che tentano di arrivare alla pace.
Mai paragonare la guerra con i litigi dei bambini. Il litigio, fa parte della relazione.
Ma l'arrivo di questi bimbi dall'Ucraina, l'incontro e i sorrisi di incontro, la mano data spontaneamente, " perché non conta di dove sei, cosa fai... basta uno sguardo , un cerchio , un disegno donato ed eccoci amici.
Tanto da farti vedere la sezione e vedere che ci siamo seduti vicini, anche se non parliamo la stessa lingua e con le parole non ci capiamo, ma giocando insieme e come se ci conoscessimo da sempre."
" Chi è che comanda qui...Lei! Per cui deve dire alle maestre cosa devono fare, andare secondo la linea che dice Lei...un pò come un domatore di cavalli che seguono le indicazioni e vengono addomesticati..." "
" Io credo a mio figlio ( 2 anni) se dice che non è caduto da solo, ma l'hanno spinto, mi fido di lui!"
" Basta, dovete stare in sezione, non dovete uscire, i bambini si ammalano....poi Linda tutte le volte che esce va cambiata di maglietta.. e dice che non lo fate"
" Non è possibile che Giacomo ( 4 anni) sia vivace, a casa è bravissimo gioca da solo con il cellulare, la play tutto il pomeriggio senza disturbare mai ".
Ecco frasi che sono "uscite" in alcuni dialoghi con famiglie.
Cooperare, avere una relazione di reciprocità, non vuole dire confondere i ruoli, che devono rimanere definiti e distinti: educatrici, maestre e famiglia.
Spesso le famiglie non comprendono pienamente il percorso educativo, le metodologie e gli spazi utilizzati; d'istinto s'informano della salute, di ciò che hanno mangiato o se sono andati in bagno, rimandando al futuro tutti gli aspetti riguardanti emozioni e sentimenti, della scoperta e autostima.
Tutto ciò presuppone trasparenza, chiarezza nelle informazioni di ciò che si sta vivendo e soprattutto fiducia reciproca.
I bambini hanno bisogno di questa costruttiva collaborazione, per crescere in autonomia, relazione e apprendimento.
Saper ascoltare i suoi bisogni e desideri, accettare e condividere la sua curiosità e rispondere in modo adeguato senza essere sottomessi al suo volere e neppure offrire continue soluzioni ai suoi problemi, sono solo alcune considerazioni che scuola e famiglia devono tenere ben presenti nell'educazione.
Necessaria è l'empatia con il bambino, senza infondere ansia, paura, o utilizzando l'autoritarismo.
E' sempre necessario , tra scuola e famiglia, capirsi e fidarsi, tenendo presente che SBAGLIARE fa parte del processo di crescita a tutte le età.
Poi insieme ci deve essere l'incoraggiamento per fare conquiste, crescendo in autostima e fiducia in sé stessi.
" Dai facciamo il trenino e andiamo in sezione" chiede la maestra ai bambini, mentre Maria una bimba di 4 anni che si è attardata a rimettere a posto i giochi, cerca di infilarsi tra i compagni mentre le dico "...ecco il fantasmino che arriva e scompiglia la fila dei vagoni...". La bimba si ferma , mi guarda e mi dice piagnucolando" No! Io non sono un fantasma , non sono un fantasma!". Corro ai ripari e la rassicuro.
In base all'età, alle esperienze, agli adulti che sono vicini, cambiano le paure .
Dai 3 anni le paure non riguardano solo oggetti o persone reali, ma anche personaggi della fantasia. Maria sicuramente aveva visto qualcosa sui mostri o creature paurose fantastiche che le avevano messa ansia e paura.
Ecco allora, considerare quanto è importante cosa guardano i bambini in tv o al cellulare , liberi di poter navigare o giocare, o cosa ascoltano e vivono in casa.... RICORDANDO che... perchè sono piccoli non hanno PAURE PICCOLE.
Ai bambini può piacere essere un po' spaventati, pensate all'uomo nero o alla strega colore, ma se si esagera possono aver paura delle loro fantasie.
E' normale che si presenti la paura, che ci da l'allarme davanti a situazioni minacciose, o tristi...pensiamo alla separazione dei genitori, che per quanto può essere preparata, il bambino continua a dire "non voglio".
Lo stile educativo con cui il bambino cresce è fondamentale: non serve " sei grande non devi aver paura" oppure " non avere paura", o ancora sottolineare errori dei figli, per ampliare il loro senso di inadeguatezza .
Cercare di entrare nel loro mondo, senza minimizzare, anche ora, cercare di comprendere quali significati assumono personaggi e oggetti fantastici, senza l'ansia o mostrando apprensione.
Costruire insieme storie dove il bambino e il mostro diventano amici, o dove ci sono eroi che affrontano le sfide con coraggio ridimensionando le avversità.
Aiutarli ad esprimere il proprio vissuto per ridurre la tensione, sono alcune strategie che ci possono aiutare.